Descrizione
«Un filo di luce trapela di sotto la porta»: così aveva scritto Guido Ceronetti ricevendo le prime poesie di Domenico Brancale. Quel filo sottilissimo e continuo s’intreccia ora in Scannaciucce (Agavi), la raccolta completa di tutte le sue poesie scritte in lucano. Sono parole mburchiàte nd’ ’a terre, conficcate nella terra, discese nel paesaggio, in una lingua che si è intrufolata – quasi al modo dei Sassi di Matera o dei tumuli di terra e dei fili d’erba della Basilicata – fin dentro la pietra o in un uomo come fosse un’abitazione. È una lingua fatta di cielo e di terra, di silenzi e di luce, in un incessante rincorrersi di simboli. Dalla vita di un tempo e dalle profondità del linguaggio si fa risalire nuovamente la parola, si attinge con mani d’infinito l’acqua della poesia, che le pozze dei sentimenti di Domenico Brancale trattengono in una stretta fraterna.
Guna ndutte mmienz’a ssi parole
mburchiàte nd’ ’a terre
téne o segne d’u scannaciucce
mbàreche add’ ’a i’èsse picché
tén’ ’a monde di jaccà o pinziere
mbizz’a lenghe
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