Descrizione
Sicilia, estate 1943. Il giovane Simone, sfollato come tanti da Messina bombardata in un casolare di campagna dalle parti di Spadafora, vive un’intensa storia d’amore con Placida, giovane che già «portava vedovanza». Come ebbe a dire Leonardo Sciascia, «La sua estate del ’43 [è] la nostra, quella di ogni siciliano che allora stava tra adolescenza e giovinezza, che scopriva la bellezza di vivere dentro l’orrore della guerra […] vista da un adolescente che, cresciuto sembrava domandarsi, come Fabrizio Del Dongo della battaglia di Waterloo, se veramente aveva assistito ad una guerra».
Quella mattina la piana dei morti, l’imputridita piana che il sole di luglio cuoceva nel rigoglio del disfacimento, diventò per me il simbolo di ciò che dovevo avversare. La gioia provata con Placida (quella mia prima notte adulta) − che, capivo uguale alla gioia di tutti gli altri uomini e donne − mi produsse un moto di rivolta, un odio mortale contro quella mortificazione della vita che stava passando su noi, contro il rischio di perdere la gioia.
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