di Andrea Baglione – Encrucijada*
Portolano
Forse, uno degli aspetti più peculiari del Mediterraneo è la quantità di storia che un mare così piccolo porta con sé. Su una superficie molto limitata, infatti, com’è universalmente noto, grandi civiltà della Storia non solo hanno transitato e si sono, a più riprese, incontrate e scontrate, ma continuano a dialogare, ad affrontarsi e a svilupparsi, dando vita, come ha scritto Fernand Braudel, a «una serie di civiltà accatastate le une sulle altre». Se questo aspetto può apparire scontato, molto più complessa è la questione dei confini e delle frontiere mediterranee. Mare di frontiera per eccellenza, come la stessa etimologia del nome rivela, il Mediterraneo, osservato con la lente d’ingrandimento, presenta alcune peculiarità che, oltre a farne un territorio instabile e complesso, sembrano rivelare le problematicità e i paradossi che hanno caratterizzato, e che tuttora caratterizzano, l’esistenza di un determinato territorio – uno Stato –, delimitato da confini solo in apparenza stabili e precisi; un punto di vista, questo, che sembra in grado di scardinare la pretesa di imbrigliare un qualsivoglia spazio in una prospettiva unica e dominante, lasciando emergere, come ha intuito Iain Chambers, una storia altra e un paesaggio imprevisto, in grado di «resistere, turbare, interrogare e scardinare la presunta unità del presente». Lasciar parlare le frontiere del Mediterraneo può portare al violento riemergere di un passato costantemente relegato all’oblio.
Così, la “mediterraneità” – qualunque cosa essa sia («Il Mediterraneo è…», ha scritto a più riprese Simenon, come a sottolineare qualcosa che per lui sembrava indefinibile) – sembrerebbe innanzitutto condurre a una profonda problematizzazione della realtà – quella realtà stabile, fissa e definitiva, sovente imposta e anelata da chi detiene il potere –, almeno da due punti di vista. In primo luogo, per quanto riguarda una questione d’appartenenza: troppo spesso, infatti, si è soliti pensare a un Mediterraneo europeo e occidentale, e si fa fatica a concepire, al contrario, un Mediterraneo che possa anche essere, al tempo stesso, Altro; ripensare il proprio essere occidentale alla luce della mediterraneità – per chi, come me, è nato e cresciuto sentendosi europeo e occidentale, e da europeo occidentale ha sempre pensato e visto le cose – significa avere l’occasione di ripensare e di problematizzare una prospettiva – figlia, innanzitutto, di dinamiche di potere inconsapevolmente incistate nella propria visione del mondo – così limitatamente eurocentrica.Riconoscersi e sapersi mediterranei, dunque, può permettere di trascendere una prospettiva miope che ci consente di osservare la realtà solo da un piccolo buco della serratura; significa, in ultima battuta, poter pensare che il Mediterraneo sia anche colori, suoni e profumi sconosciuti, l’altro mare di sabbia che, al tempo stesso, nega, interroga e completa la distesa d’acqua impressa nella nostra mente e nel nostro sguardo.
Come ha affermato Maurizio Maggiani, infatti, la storia dell’Occidente non è affatto la storia del Mediterraneo, anzi; è proprio quest’ultima a contenere la prima, facendo di essa solo un proprio momento, una propria parte, non identificabile con il tutto.
In secondo luogo, andando oltre un primo sguardo che vorrebbe che tutto fosse in ordine e al suo posto, il Mediterraneo invita a ripensare le geografie con cui siamo solitamente cresciuti e abituati a pensare al mondo; così, se ci è stato insegnato che, a sud, l’Europa confina con il mar Mediterraneo, si potrebbe obiettare che, proprio a sud, l’Europa – attraverso la Spagna – confini anche con il Regno Unito e con il Marocco. E non per mezzo del mare. Uno sguardo più attento al Mediterraneo può rivelare tutta la complessità e la profonda problematicità delle frontiere europee, frontiere tutt’altro che solide e impermeabili. Concentrandosi solo su alcune di esse, infatti – Gibilterra, Ceuta e Melilla, per esempio –, salta subito all’occhio come la perfetta geometria dello Stato contemporaneo presenti, in realtà, evidenti lacune, alcune criticità figlie di profondi e irrisolti conflitti storici, e come, di fatto, i confini del Mediterraneo si spingano, come spesso viene fatto notare da chi lo studia, ben oltre i confini fisici che lo delimitano. Come ha scritto il giornalista e studioso spagnolo Sergio del Molino, riferendosi appunto alle tre enclavi sopra citate, si tratta di «lugares fuera de sitio», di luoghi fuori posto, di spazi che, molto più di altri, mettono a nudo la precarietà e l’instabilità di quella struttura così ben delineata e delimitata, chiamata appunto Stato; ne mettono a nudo, di fatto, antiche ferite ancora aperte, per nulla cicatrizzate.
Si potrebbe provare a imbastire una riflessione, dunque, proprio prendendo spunto da quella geometria “sfasata e ingombrante” che le enclavi impongono con la loro semplice e scomoda presenza, a partire dagli interrogativi che sembrano sorgere spontanei di fronte a una geografia inattesa, cui, finora, non si è prestata la giusta attenzione: che cosa ci fa una città britannica nel sud della Spagna? Che cosa ci fanno due città e alcune isolette spagnole nel nord del Marocco? Che cosa ci fanno quei pochi pezzettini d’Europa, in Africa? Che razza di anacronismo postcoloniale – verrebbe quasi spontaneo chiedersi – è mai questo?
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* Encrucijada, dal nome dal mitico bar del romanzo di Roberto Bolaño I detective selvaggi, è un gruppo di studio alternativo, nato ai margini del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino, nel 2019. Animata dall’interesse per il rapporto tra filosofia e letteratura, la ricerca del gruppo si è concentrata sullo studio della categoria di ‘Frontiera’, dando vita alla serie di incontri seminariali ancora in corso dal titolo Seminario Mediterraneo – Incontri sulla frontiera.
Il gruppo è coordinato da Andrea Baglione ed è formato da: Sara Brianti, Giovanni Centracchio, Marco Fornaseri, Martino Manca, Francisco Martín Cabrero e Valentina Maurella.
Questo articolo ha 2 commenti
Articolo molto interessante. Come curatore della rivista Quaderni Mediterranei, ed. La Piave, insieme a Lorenzo Cittadini e Pedro J. Plaza, avrei piacere di avere i contatti del Gruppo. Grazie, Silvestro Neri
Buongiorno Silvestro, le manderemo i contratti del gruppo in mail. Grazie molte dell’apprezzamento e continui a seguirci, ogni mercoledì pubblicheremo gli articoli su Portolano.