di Valentina Maurella – Encrucijada*
Portolano: «Frontiera mediterranea» di Valentina Maurella
Quando iniziai ad avvicinarmi alla frontiera di Ventimiglia, avevo in mente un’immagine molto più chiara di quella che oggi mi si presenta davanti. Cadevo, allora, nella trappola semplificatrice delle categorie geopolitiche, rappresentandomi uno spazio di attraversamento e respingimento, dove i dannati della terra sfilavano, seminando le proprie speranze. Sono passati ormai due anni da quei primi, ingenui, passi e il mio interesse si è tramutato in una passione interrogativa, spogliata di certezze e di vocazioni descrittive. Credo di aver appreso soltanto una lezione: la frontiera non si rappresenta, la si racconta. La frontiera esiste (e continua a esistere anche per i cittadini europei, dopo Schengen), ma esiste in maniera unica per ogni persona che vi passi attraverso o che – caso ancor più sfuggente alle categorie – decida di mettervi le proprie radici. Per questa ragione, credo che solo un punto di osservazione situato (un “io” come soggetto della scrittura) sia in grado, non dico di risolvere, ma di tradurre l’enigma di fronte al quale ci pone questo spazio di frontiera. Questa situazione dello sguardo è qualcosa che a me, in fondo straniera, ancora manca. Allora faccio appello al medium della letteratura, trovando in Biamonti, scrittore di confine, una guida paziente. Dal territorio di frontiera, la scrittura di Biamonti trae la propria origine; dalla meditazione sul paesaggio, la propria anima; dalla luce mediterranea e dalla scissione tra il mare e la terra, un senso tragico e umanistico del passaggio nel mondo. Non esiste la frontiera secondo Biamonti, ma esiste la frontiera di Biamonti. Spazio poroso e indecifrabile al contempo, ben lontano dall’idea di non-luogo che numerosi studiosi vorrebbero attribuire alle zone di confine e di transito, questa «scarsa lingua di terra» non è soltanto una porta di accesso che si apre su di un presente drammatico, ma è anche un luogo dove si aggirano gli spettri del nostro passato. Dialogare con i fantasmi, non si può. Ma si può interrogare l’assenza attraverso il silenzio, che è forse una delle prove linguistico-letterarie più ardue che Biamonti abbia intrapreso. In fondo, la frontiera biamontiana «con le sue solenni e radicali desolazioni e negazioni» è ancora un «paesaggio emblematico della nostra anima contemporanea», come scriveva Caproni a proposito del paesaggio ligustico.
La frontiera mediterranea, dunque, non soltanto come spazio di attraversamento e di divisione, ma come paesaggio che produce forme di vita, di pensiero e di arte. Nella geografia di Biamonti, la frontiera intesa come linea divisiva esiste solo nella divaricazione radicale tra il paesaggio mediterraneo-provenzale e l’urbanizzazione costiera. Forse, un progetto politico fondato sull’idea della libera circolazione dei corpi nello spazio dovrebbe trarre forza da una sensibilità mediterranea che oppone ancora una ferma resistenza al vento turbinante della globalizzazione, come già teorizzava Cassano nel suo saggio sul pensiero meridiano. Ripensarsi mediterranei non significa né appiattire le differenze culturali, come vorrebbe appunto l’universalismo della mondializzazione, né cadere nell’estetizzazione romantica di uno spazio nel quale la violenza e la morte si riproducono incessantemente; significa invece considerare un pensiero marginale, tragico e luminoso, che non è frutto di un condizionamento ambientale, ma che è riverbero del paesaggio, delle ore di luce e di ombra, della canicola e dei venti, delle lunghe processioni, della millenaria coltura di piccoli frutti, delle carovane nel deserto e della preghiera di fronte all’infinito silenzio. Come scrive Matvejević, la luce determina effetti psicologici. Ripensarsi mediterranei significa comprendere questa forma di vita sempre di frontiera.
* * *
* Encrucijada, dal nome dal mitico bar del romanzo di Roberto Bolaño I detective selvaggi, è un gruppo di studio alternativo, nato ai margini del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino, nel 2019. Animata dall’interesse per il rapporto tra filosofia e letteratura, la ricerca del gruppo si è concentrata sullo studio della categoria di ‘Frontiera’, dando vita alla serie di incontri seminariali ancora in corso dal titolo Seminario Mediterraneo – Incontri sulla frontiera.
Il gruppo è coordinato da Andrea Baglione ed è formato da: Sara Brianti, Giovanni Centracchio, Marco Fornaseri, Martino Manca, Francisco Martín Cabrero e Valentina Maurella.